venerdì 17 maggio 2013

Intercreattiva


E’ una giornata di pioggia e mi tocca prendere i mezzi pubblici per andare dal dentista.
Sono cinque anni che ho il dentista in pieno centro e per quanto riguarda i medici sono molto abitudinaria. Fatico a cambiare anche se talvolta sarebbe decisamente più comodo.
Ma visto che dal dentista non si va tutte le settimane, va bene così.
Affronto la giornata prendendola con filosofia e magari se mi immagino di essere a Londra dove piove talmente tanto che le persone non escono nemmeno con l’ombrello perché è quella la condizione naturale, posso anche viverla positivamente.

Mentre mi avvio a piedi schivando le pozzanghere penso che oggi dovrò fare a meno di smanettare in continuazione con il mio tablet perché ho dimenticato il cavo per ricaricarlo in ufficio e la batteria già mi segna che è al 28%.
Io e il mio tablet siamo diventati inseparabili da qualche mese. Ovunque io vada, lui c’è, qualunque cosa io faccia, lui mi dà supporto.
Non è neanche un anno fa che un amico mi aveva mostrato il suo e tra me e me avevo pensato che era un acquisto inutile, che il portatile o lo smartphone erano già più che sufficienti. Poi però mi era capitato tra le mani un volantino in cui venivano spiegate nel dettaglio tutte le funzionalità di un apparecchio del genere e quindi ho iniziato a interessarmi maggiormente alla cosa fin quando ho deciso di comprarmelo. Ovviamente Wifi e 3G perché se no ‘dove pensi di andare senza?’. E con le mie 100 – sì, sono decisamente troppe – App scaricate, faccio ormai di tutto. Chatto, scrivo, faccio check-in in tutti i luoghi che visito e frequento abitualmente, cerco informazioni in internet, gioco e soprattutto sono social: condivido, aggiorno il mio stato su facebook, aggiungo tweet ai preferiti, salvo immagini nelle mie “board” su Pinterest e fotografo, applico effetti speciali alle foto e partecipo ai contest su Instagram perché la fotografia resta uno dei miei amori più grandi. Tutto questo con un apparecchio di 7”. Fantastico!
Oggi invece lo potrò usare in minima parte e già mi sento che mancherà qualcosa.

Arrivo alla metropolitana, apro la mia borsa per tirare fuori il biglietto e li vedo. I miei due cellulari, anzi, smartphone, uno con la tastiera e l’altro touch e poi il mio tablet.
Già, in una borsetta normalissima riesco a farci stare tutta questa tecnologia. Ma mi sorge spontanea la domanda: a che pro?
Oltretutto con il tablet faccio tutte quelle cose elencate sopra, ma non telefono. Mentre con gli smartphone non faccio nient’altro se non telefonare e mandare sms. E allora perché ogni giorno vado in giro con tutti e tre?
Sì, lo ammetto, sono tecnologia-dipendente da più di 20 anni. Il mio primo IBM fu l’inizio di tutto questo. Avevo 11 anni e all’epoca lo usavo come videogioco e come evoluzione della macchina da scrivere. Eppure è da allora che ho quotidianamente a che fare con la tecnologia e non posso più farne a meno. 
E non parlo solo di computer e di cellulari, ma di tutta la tecnologia che ho in giro per casa. La stampante, la macchina fotografica digitale, il decoder, il lettore dvd, per non parlare di tutti gli elettrodomestici che ormai sono tutti dei piccoli robot.
Eppure lui manca! Il televisore. Già, sono due anni che vorrei comprarmi un televisore da 40” ma continuo a rimandare l’acquisto. Due anni fa l’avrei preso Lcd; se vai adesso in un negozio e pronunci queste tre lettere è probabile che ti correggano e dicano “Intende Led, Signora?!”.
E che lo dico a fare? L’evoluzione tecnologica è talmente rapida che qualunque acquisto fai oggi, fra tre mesi è già obsoleto. Ma allora perché non abbassano i prezzi di vendita? Almeno faremmo tutti parte di questo fantastico mondo in evoluzione continua.
Eppure quando apro i volantini delle più grande catene di negozi di elettronica, informatica e tecnologia lo vedo che i prezzi dei televisori sono notevolmente scesi rispetto a due anni fa e, peggio ancora, rispetto a 20 anni fa quando allo stesso prezzo compravi un 20” che con il suo ingombrante tubo catodico pesava un quintale.
E allora perché aspetto? Sarà perché in fin dei conti ho smesso di guardare la tv da 5 anni e la accendo solo sporadicamente per guardare un film che non ho potuto guardare al cinema, eventi sportivi importanti o qualche fiction carina? Sarà perché è il cinema il mio vero amore e la televisione mi sembra così povera in confronto? O sarà proprio perché sono tecnologia-dipendente e tra tv e computer scelgo il secondo così come tra tv e cinema, tv e libro, tv e musica. Sì, del cinema, della tecnologia e della musica non posso proprio fare a meno. Della tv, eccome. C’è chi non mi crede quando lo dico e pensa che lo dica solo per essere diversa dalla “massa”, ma per fortuna che c’è anche chi la pensa come me.
E non nascondo il fatto che in compenso mi rifugio nelle altre cose che ho detto. Sono quelle la mia vera passione. Sicuramente anche perché stimolano il mio essere creativa.
Non potrei mai vivere senza la creatività. I colori, la fotografia, un racconto scritto, la creatività manuale e la creatività in cucina, i viaggi, i sogni e i progetti per il futuro. Tutto ciò che amo è creatività, è il mio quotidiano e nonostante tutto riesco a “scovarla” e a darle il suo giusto valore anche quando lo strumento per farlo è un apparecchio elettronico.
Oggi voglio coniare un termine che mi definisca e che scopro essere ‘intercreattiva’ (le due t non sono una svista essendo la parola l’unione di ‘interattiva’ e ‘creativa’): un po’ creativa mentale e manuale e un po’ tecnologico-interattiva. Credo che sia la strada che perseguirò e che sia il giusto compromesso per rimanere ancorata al passato ma con l’occhio sempre rivolto al futuro.
E sarà anche il messaggio che un giorno vorrei trasmettere ai miei figli che saranno da subito catapultati nel mondo “digitale”.

Salgo sul treno e non potendo usare il mio tablet mi guardo intorno. Mi è sempre piaciuto osservare le persone, ma non per curiosità, invidia, disprezzo, ma proprio per studiare i loro comportamenti a livello socio-psciologico. E quindi oggi cosa vedo?
Alla mia destra c’è una signora asiatica che sta giocando a biliardo sul suo nuovissimo Samsung Galaxy S4. Alla mia sinistra c’è una ragazza molto alta che non ha occhi che per il suo iPad ben protetto in una custodia rigida rossa. Starà leggendo, giocando o guardando delle foto? Chissà… Seduti ci sono un signore ben vestito che sta parlando al telefono.. ops, all’iPhone e di fianco a lui un altro signore che ha appena estratto dalla borsa a tracolla il suo fiammante MacBook Air. 2 mq e tutti già “connessi”. 

Quasi quasi sembro io quella fuori posto.
Poi però lo vedo. Un ragazzo giovane con in mano un libro. E’ talmente immerso in quelle pagine che non si interessa minimamente delle suonerie varie che si alternano in questo piccolo spazio.
Fra me e me penso che in apparenza è lui quello diverso. Ha in mano un libro, un prodotto cartaceo, l’opera di un autore che per diventare famoso e miliardario come Bill Gates o Steve Jobs dovrebbe scrivere centinaia di bestseller. 
Eppure con una piccola opera è riuscito a catturare l’attenzione di chi è ancora innamorato della narrativa e del profumo della carta.
Torno ad osservare gli altri passeggeri e penso che fino a un paio d’anni fa, prima del boom di questi tablet, ebook e smartphone all’avanguardia, anche loro occupavano il loro tempo con una lettura, se non di un libro, di una rivista o del giornate. Ora invece non fanno neanche il gesto di sfogliare o ricomporre la pagina quando si stropicciava o si piegava. Basta un movimento rapido di un solo dito e la loro richiesta viene esaudita.
Torno a guardare il ragazzo e mi viene voglia di scrivere, di scrivere questo post.
Sorrido al pensiero che mi sia bastato alzare lo sguardo dalla mia amata tecnologia per poter di nuovo attivare la fantasia e la voglia di creare o meglio, scrivere. Sì, ok, nel mio blog. Confermo, intercreattivamente.

NB. Eppure credo che quel 40” me lo comprerò. Ho ancora così tanti film del passato, del presente e del futuro da guardare ;o)