Avrebbe
avuto 115 anni e invece sono 30 che non c’è più. Era mio nonno, il papà di mio
papà, del quale non ho alcun ricordo se non alcune foto, troppo poche, che ci
vedono insieme.
Io e nonno Giannetto nel 1982 |
Mio
nonno era nato nel 1900, figlio di un nuovo millennio e ultimo maschio di una
famiglia di contadini che prima di lui aveva avuto altri tre figli. Tutti e
quattro battezzati con la prima lettera dell’alfabeto.
Mio
nonno si chiamava Armando ma era solo il nome dei documenti ufficiali, della
burocrazia, delle dichiarazioni. Era invece Giannetto il nome nel quale si
riconosceva maggiormente e con il quale tutti lo chiamavano, tanto che i suoi
quadri li firmava G.B.
Mio
nonno Giannetto era un pittore, un’artista professionista che ha lasciato
traccia di sé in tantissimi quadri ora in mio possesso e anche avvicinando
all’arte suo figlio Giancarlo, mio padre, che a sua volta dipingeva per
diletto. Ma non solo, perché mio nonno insieme al fratello maggiore Alfredo
trascorreva le giornate a decine di metri dal suolo, decorando pareti e
soffitti di chiese e cappelline del ferrarese e quindi quelle che non sono
andate distrutte, ancora tramandano la loro arte. Insieme “erano una squadra
fortissimi”.
Un particolare dipinto da mio nonno |
Aveva
perso il suo adorato fratello, il suo “socio in affari”, un’artista di grande
livello (di lui mi resta un quadro che trovate in fondo al post e che dimostra
a colpo d’occhio la sua bravura). Quando morì, Alfredo aveva 48 anni e con la
sua morte svanirono i sogni dei suoi familiari di vederlo sposato e padre di famiglia.
Personalmente
credo che mio nonno per tutto il resto della sua vita si sarà domandato perché
a morire fosse stato Alfredo e non lui. Non dico che abbia avuto dei veri sensi
di colpa, ma sicuramente un grande rimpianto.
Interno - prima del trasloco |
Era
una casa di inizio 1900, arredata con mobili vecchi di cui ancora ricordo
l’odore, però l’ho fatta mia e ho dei bellissimi ricordi di quei due anni in cui ci ho vissuto.
Purtroppo
quello che ne resta sono solo alcune foto, scattate il giorno
in cui ci siamo trasferiti nella nuova casa.
Attualmente
di quella casa resta la struttura esterna perché per il resto è stata
completamente ristrutturata e suddivisa in tanti mini appartamenti.
Come appare oggi la palazzina |
Personalmente non ci ho più voluto mettere piede nemmeno quando gli appartamenti erano stati messi in vendita. Ho preferito mantenere il ricordo di com’era, per quanto l’ho amata.
Quella
casa poi portava un chiaro segno del passaggio di mio nonno. Pareti e soffitti
erano stato accuratamente decorati da lui. Nel suo stile.
Ve
ne potete fare un’idea da queste foto.
E
poi c’era la sua stanza in cui si rifugiava a dipingere: la cosiddetta stanza
del pittore che odorava di olio e di solventi e in cui imperava un “ordine
artistico” per non dire caos creativo.
Mio nonno Giannetto |
Un
giorno, poco prima del nostro trasloco, sono andata a sedermi su quella sedia.
Prima che andassero perdute cose importanti o addirittura gettate nella
spazzatura, volevo dare personalmente un’occhiata. E fu così che ci trascorsi
un bel po’ di tempo in quella stanza. Aprivo le ante degli armadietti e i
cassetti, mettevo da parte ciò che poteva ancora essere utile, rimanevo colpita
dal fatto che ancora ci fossero suoi biglietti da visita di 15 anni prima.
Ma
soprattutto ci ho trovato “l’oggetto” che ha ispirato questo post.
In
un cassettino c’erano delle matite abbandonate. Qualcuna appuntita, qualcuna
ormai consumata e anche di marche diverse, ma essendo io sempre stata
appassionata di colori e di tutto ciò che è creativo, non potevo lasciarle di
certo lì. Lebez… Staedler… Multicolor… A.W.Faber… Faber Castell… Fila… e tanti diversi
colori. Anche tonalità così chiare che ormai non sono più in commercio.
E
così, con le sue matite in mano, ho pensato alla “storia” che potevano avere avuto
e a come le avrei potute utilizzare io.
Qualche
mese fa, a 20 anni da quei giorni pre-trasloco, aprendo un cassetto della mia
vecchia scrivania, le ho ritrovate. Gelosamente custodite in un astuccio di
pelle. Mai più toccate dall’ultimo disegno realizzato a matita alle superiori.
Perché
crescendo mi sono resa conto che erano un tesoro, un ricordo di quel nonno che
praticamente non ho mai conosciuto e che sicuramente è contento che la nipote
non le abbia prima di tutto cestinate e poi, consumate.
Ed è
stato in quel momento, toccandole con mano, che mi sono ricordata del giorno
del “ritrovamento” e immediatamente e mentalmente, ho composto per sommi capi
questo post.
Se
difatti è passato un po’ di tempo è unicamente perché per rendere il lavoro
completo, avevo bisogno di un supporto iconografico che potevo reperire
soltanto tornando a Ferrara.
Non
sempre ciò che scriviamo deve avere una motivazione, una spiegazione logica.
Questo post è stato infatti il mio modo personale di fare memoria di certi
avvenimenti del passato e di ricordare mio nonno e dunque, come direbbero gli
inglesi, la conclusione migliore è:
In the loving memory of my Grandpa
Dipinto da Alfredo Bergamini, fratello di mio nonno Giannetto |