martedì 21 aprile 2015

Il colore dei ricordi

Avrebbe avuto 115 anni e invece sono 30 che non c’è più. Era mio nonno, il papà di mio papà, del quale non ho alcun ricordo se non alcune foto, troppo poche, che ci vedono insieme. 
Io e nonno Giannetto nel 1982


Mio nonno era nato nel 1900, figlio di un nuovo millennio e ultimo maschio di una famiglia di contadini che prima di lui aveva avuto altri tre figli. Tutti e quattro battezzati con la prima lettera dell’alfabeto.
Mio nonno si chiamava Armando ma era solo il nome dei documenti ufficiali, della burocrazia, delle dichiarazioni. Era invece Giannetto il nome nel quale si riconosceva maggiormente e con il quale tutti lo chiamavano, tanto che i suoi quadri li firmava G.B.
Mio nonno Giannetto era un pittore, un’artista professionista che ha lasciato traccia di sé in tantissimi quadri ora in mio possesso e anche avvicinando all’arte suo figlio Giancarlo, mio padre, che a sua volta dipingeva per diletto. Ma non solo, perché mio nonno insieme al fratello maggiore Alfredo trascorreva le giornate a decine di metri dal suolo, decorando pareti e soffitti di chiese e cappelline del ferrarese e quindi quelle che non sono andate distrutte, ancora tramandano la loro arte. Insieme “erano una squadra fortissimi”.
Un particolare dipinto da mio nonno
Purtroppo a quel tempo la sicurezza sul lavoro non era minimamente contemplata e fu così che la pagarono a caro prezzo. Correva l’anno 1938 e quella che doveva essere una normale giornata di lavoro, si trasformò in tragedia. Alfredo cadde dal ponteggio sul quale stava lavorando e mio nonno da quel giorno non fu più lo stesso.
Aveva perso il suo adorato fratello, il suo “socio in affari”, un’artista di grande livello (di lui mi resta un quadro che trovate in fondo al post e che dimostra a colpo d’occhio la sua bravura). Quando morì, Alfredo aveva 48 anni e con la sua morte svanirono i sogni dei suoi familiari di vederlo sposato e padre di famiglia.
Personalmente credo che mio nonno per tutto il resto della sua vita si sarà domandato perché a morire fosse stato Alfredo e non lui. Non dico che abbia avuto dei veri sensi di colpa, ma sicuramente un grande rimpianto.

Interno - prima del trasloco
Tra il 1992 e il 1994 con i miei genitori mi sono trasferita dalla Germania a Ferrara nella casa che era stata dei miei nonni Giannetto e Fiorita e vuoi il cambiamento drastico di Paese, città, lingua, piuttosto che l’avvicinamento alla famiglia paterna (zii, prozii, cugini, cugini di secondo grado), io quella casa la porto nel cuore. Tant’è che tuttora, e sono passati più di 20 anni, quando di notte sogno una casa, sogno quella.
Era una casa di inizio 1900, arredata con mobili vecchi di cui ancora ricordo l’odore, però l’ho fatta mia e ho dei bellissimi ricordi di quei due anni  in cui ci ho vissuto.
Purtroppo quello che ne resta sono solo alcune foto, scattate il giorno in cui ci siamo trasferiti nella nuova casa. 
Attualmente di quella casa resta la struttura esterna perché per il resto è stata completamente ristrutturata e suddivisa in tanti mini appartamenti.
Come appare oggi la palazzina

Personalmente non ci ho più voluto mettere piede nemmeno quando gli appartamenti erano stati messi in vendita. Ho preferito mantenere il ricordo di com’era, per quanto l’ho amata.

Quella casa poi portava un chiaro segno del passaggio di mio nonno. Pareti e soffitti erano stato accuratamente decorati da lui. Nel suo stile.
Ve ne potete fare un’idea da queste foto.
E poi c’era la sua stanza in cui si rifugiava a dipingere: la cosiddetta stanza del pittore che odorava di olio e di solventi e in cui imperava un “ordine artistico” per non dire caos creativo.
Mio nonno Giannetto
Questa stanza è rimasta tale e quale anche dopo la sua morte nel 1985. Sul cavalletto l’ultimo suo quadro finito e la tavolozza appoggiata presumibilmente dove l’aveva lasciata lui. Entrare lì era come tornare indietro nel tempo. Ti sembrava di vederlo ancora seduto su quella sedia con l’aria assente, tanti tubetti di colore aperti e un pennello in mano.
Un giorno, poco prima del nostro trasloco, sono andata a sedermi su quella sedia. Prima che andassero perdute cose importanti o addirittura gettate nella spazzatura, volevo dare personalmente un’occhiata. E fu così che ci trascorsi un bel po’ di tempo in quella stanza. Aprivo le ante degli armadietti e i cassetti, mettevo da parte ciò che poteva ancora essere utile, rimanevo colpita dal fatto che ancora ci fossero suoi biglietti da visita di 15 anni prima.
Ma soprattutto ci ho trovato “l’oggetto” che ha ispirato questo post.
In un cassettino c’erano delle matite abbandonate. Qualcuna appuntita, qualcuna ormai consumata e anche di marche diverse, ma essendo io sempre stata appassionata di colori e di tutto ciò che è creativo, non potevo lasciarle di certo lì. Lebez… Staedler… Multicolor… A.W.Faber… Faber Castell… Fila… e tanti diversi colori. Anche tonalità così chiare che ormai non sono più in commercio.
E così, con le sue matite in mano, ho pensato alla “storia” che potevano avere avuto e a come le avrei potute utilizzare io.

Qualche mese fa, a 20 anni da quei giorni pre-trasloco, aprendo un cassetto della mia vecchia scrivania, le ho ritrovate. Gelosamente custodite in un astuccio di pelle. Mai più toccate dall’ultimo disegno realizzato a matita alle superiori.
Perché crescendo mi sono resa conto che erano un tesoro, un ricordo di quel nonno che praticamente non ho mai conosciuto e che sicuramente è contento che la nipote non le abbia prima di tutto cestinate e poi, consumate.
Ed è stato in quel momento, toccandole con mano, che mi sono ricordata del giorno del “ritrovamento” e immediatamente e mentalmente, ho composto per sommi capi questo post.
Se difatti è passato un po’ di tempo è unicamente perché per rendere il lavoro completo, avevo bisogno di un supporto iconografico che potevo reperire soltanto tornando a Ferrara.

Non sempre ciò che scriviamo deve avere una motivazione, una spiegazione logica. Questo post è stato infatti il mio modo personale di fare memoria di certi avvenimenti del passato e di ricordare mio nonno e dunque, come direbbero gli inglesi, la conclusione migliore è:


In the loving memory of my Grandpa


Dipinto da Alfredo Bergamini, fratello di mio nonno Giannetto